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lunedì 25 maggio 2015

Dibattito venerdì 5 giugno ore 20.30 MADRI INCERTE


Madri incerte

François Ansermet

Non sono ginecologo né medico della riproduzione, ma lavoro da lungo tempo in collaborazione con ginecologi e in ambito perinatale, soprattutto in relazione a problematiche che insorgono secondariamente alla procreazione assistita. Credo che Torino sia un luogo molto specializzato e molto avanti rispetto al suo tempo, dato che vi si pone una questione fondamentale introdotta dalla procreazione assistita, che è quella della “madre incerta”. 
Oggi questa è una possibilità che esiste attraverso la donazione di ovuli o la maternità surrogata. Queste due pratiche in Svizzera sono vietate, tuttavia vedo molte situazioni di questo tipo, perché per la donazione di ovuli le persone vanno in Spagna, nelle cliniche specializzate. Allo stesso modo trovo sempre più coppie che richiedono una maternità surrogata in California, con modalità molto ben strutturate sul piano giuridico, ma anche nei nuovi mercati, in particolare l’Ucraina e l’India.
Questo crea delle difficoltà nella clinica quotidiana.
Qualche giorno fa ho incontrato due gemelli, che mi sono stati presentati dai miei colleghi ortofonisti e logopedisti. I due gemelli presentavano un ritardo di linguaggio impressionante. L’anamnesi riporta che i genitori sono un elettricista di Ginevra di origini nord africane e la moglie, anch’ella di origini nord africane. Lui ha vent’anni meno di lei e hanno deciso di fare una donazione di ovulo per una maternità surrogata in Ucraina. Non hanno potuto far uscire i figli dall’Ucraina, perché i bambini erano considerati figli della madre che ha portato avanti la gravidanza. Dal momento che provengono da un paese dell’Africa del Nord, che ha delle filiere specifiche, hanno allevato i figli come nelle storie di divorzio e di conseguenza i bambini sono cresciuti in un gineceo nel deserto, attorniati dalla lingua araba, ma i genitori, appartenendo alla seconda generazione, non parlano l’arabo.
Quando una donna o una coppia vanno in Spagna per una donazione di ovuli, al ritorno in Svizzera il figlio è loro, anche se c’è stata donazione di sperma e di ovulo. Se una donna va in California, il figlio non è suo, anche se ha utilizzato i propri ovuli e gli spermatozoi del marito. Dobbiamo riconoscere che gli Svizzeri sono molto primitivi: hanno una carta d’identità con una data di nascita – che sistema arcaico! – questo vuol dire che il solo criterio è da quale ventre sono usciti e che la madre è considerata certa, mentre il padre incerto.
Oggi le problematiche della procreazione dipendono più dai criteri che dal ventre dal quale si è generati. L’origine si può ritrovare doppiamente disgiunta: dal lato paterno per la donazione di sperma, dal lato materno per la donazione di ovuli, e infine per la maternità surrogata. Prima di queste possibilità tecniche eravamo nel registro “mater certa est, pater incertus”. Con la donazione di ovuli e la maternità surrogata questo registro classico si ribalta, dal momento che la madre può essere incerta. Si può perfino creare un doppio registro di incertezza: “pater incertus” con "mater incerta”, e in fondo abbiamo qualcosa che si era già prodotto nella storia della procreazione.
Questo cambia qualcosa? Oppure non cambia nulla? Si cade in un al di là del biologico? Si finisce per prendere tutt’altri riferimenti che quelli biologici per costruire la filiazione?
Questa è la questione posta da “mater incerta”. È un grande cambiamento nella civiltà, ma la scelta dell’affresco di Raffaello Il giudizio di Salomone come locandina di questa conferenza, sottolinea che in fondo si ritorna anche al passato. Di madri incerte ce ne sono sempre state. Sono cose che esistono da prima di queste tecniche e trovo molto sottile mettere il dibattito sulla madre incerta sotto l’egida di un mito, uno scenario così classico nella nostra cultura.
È un po’ la questione che abbiamo con la procreazione assistita. Tutto è cambiato, tutti i riferimenti saltano; siamo totalmente perduti o al contrario queste tecniche svelano la difficoltà di pensare l’origine, che diventa evidente?
Si potrebbe dire che la procreazione assistita ci mostra che la questione dell’origine è altro rispetto alla sessualità, e anche rispetto alla procreazione, alla gestazione, alla nascita e alla genealogia.
Se si prende la logica biologica si può legare tutto: origine, sessualità, procreazione, gestazione, nascita e genealogia. Spero che i ginecologi seguano questa logica e che, assistendo una gravidanza, mettano in relazione queste differenti tappe con le interazioni madre-feto e le tracce epigenetiche derivanti dagli avvenimenti, che sono molto evidenti nella maternità surrogata. Infatti nella maternità surrogata c’è il rischio di banalizzare la gravidanza ignorandone l’importanza e di concentrarsi solo sull’importanza dei gameti. Durante la gravidanza il bambino è plasmato, c’è una programmazione del feto, quindi non è indifferente.
Se si può dire che l’origine non è la sessualità, possiamo dire che la sessualità è la procreazione? La procreazione è irrappresentabile, ed è un po’ quello che vivono con difficoltà gli individui che si riproducono attraverso la modalità assistita, perché vengono sottoposti a stimoli ormonali e a sesso sotto prescrizione.
Avevo un paziente che doveva donare il suo sperma un venerdì. Era un manager di un’azienda internazionale; il suo superiore gli ha detto che quel venerdì avrebbe dovuto andare a New York, e lui ha risposto che non poteva. Il superiore non voleva cedere e lui è venuto da me per dire: “Cosa devo dire al mio superiore, che devo andare a masturbarmi in una clinica? E che mia moglie attende da sei anni?”. Dunque c’è tutto un mondo che obbliga a pensare alla procreazione, che è la parte più reale di questa serie: gestazione, nascita, genealogia.
La procreazione assistita introduce delle disgiunzioni sul piano soggettivo: disgiunge sessualità e procreazione, cioè permette di procreare al di fuori della sessualità. Ci sono sempre più domande di persone che dicono che questa cosa della sessualità è disgustosa, di essere nell’amore e di non volersi mescolare così. Preferirebbero una procreazione assistita in clinica, sotto controllo medico, sarebbe molto meglio. C’è tutta la corrente degli asessuati. Ci sono coloro che vogliono avere bambini da soli. Sempre più persone portano questo tipo di domande: da soli senza sessualità. La questione della disgiunzione tra sessualità e procreazione è davvero molto importante.
Per quel che concerne la disgiunzione tra procreazione e gestazione, con gli uteri in affitto, con la donazione di sperma e la donazione di ovuli, mi sono detto che c’è una disgiunzione tra l’origine e la filiazione, che scombina i riferimenti.
C’è ancora un’altra disgiunzione resa possibile dalla procreazione assistita ed è la disgiunzione temporale: si può congelare il proprio ovocita, si possono congelare i propri spermatozoi, o i feti, o gli zigoti. Si realizza la disgiunzione temporale, vale a dire il congelamento del tempo. Potenzialmente si potrebbero addirittura saltare le generazioni, si potrebbe addirittura procreare un prozio.
Questo dimostra che queste tecniche creano delle disgiunzioni, che d’altronde esistono nella vita psichica dei soggetti, fanno parte delle teorie sessuali infantili, dei romanzi familiari.
Dunque si tratta di qualcosa di completamente nuovo oppure di qualcosa che non fa che ritrovare ciò che si trova già nella nostra vita psichica? Credo che sia una questione estremamente importante per gli psicoanalisti. Perché in relazione a tutte queste situazioni disorientanti, si rischia di avere un atteggiamento conservatore. Sovente gli psicoanalisti in questi dibattiti funzionano da polizia dell’Edipo, da sacerdoti del fallo, da militanti del Nome-del-Padre, che se ne va con la scienza, pertanto esiste un rischio di deriva conservatrice.
Questo mi colpisce particolarmente perché io stesso sono nel Comitato Etico Consultivo a Parigi. Quando si ascoltano dei colleghi psicoanalisti, soprattutto del campo classico e della psicologia psicoanalitica, essi disegnano dei quadri catastrofici. Nella mia generazione, la psicoanalisi era legata alla politica ed era molto sovversiva e, quando qualcuno aveva un percorso politico, poteva ritrovare la questione del soggetto nella psicoanalisi. E quando vediamo sbarcare degli psicoanalisti conservatori, ci diciamo che è il passato.
Credo che oggi il campo del dibattito intorno alla procreazione assistita sia preso in questa biforcazione: da un lato i biocatastrofisti che dicono il peggio, che considerano solo i casi più tremendi, e dall’altro lato i tecnoprofeti, che dicono che così è molto meglio, nessuna preoccupazione, nessun problema.
Penso che dobbiamo soprattutto dirci che lo psicoanalista deve essere all’altezza del tempo in cui vive e che deve raccogliere le sfide della soggettività della nostra epoca. C’è una frase di Lacan, del 1953, che è impressa nella mia mente: “Vi rinunci dunque piuttosto colui che non può raggiungere nel suo orizzonte la soggettività della sua epoca”.[1] Penso che sia molto importante per noi. Oggi la nostra epoca è quella dell’incidenza della scienza sul corpo.
Ma che cos’è veramente la scienza? Credo che siano dei progressi tecnologici. Una questione che come medico mi pongo, è che classicamente la scienza permette un sapere nuovo che consente tecniche nuove e che permette di risolvere dei problemi. Qui siamo in un mondo a rovescio, vale a dire che attraverso delle tecniche siamo in grado di produrre cose nuove, ma non sappiamo di che di tratta; la scienza, con queste tecnologie, produce un non sapere.
Faccio un esempio. In Germania un uomo diventa una donna, ma essendo molto conservativo, tiene suoi spermatozoi. In seguito come donna vive con una donna e decidono di avere un bambino, e lui utilizza i suoi spermatozoi per fecondare la sua compagna. Questo resta nella sfera privata. Ma poi lui chiede allo Stato tedesco di essere riconosciuto come padre pur essendo donna. Ecco allora i comitati giuridici, che si chiedono come si può far sì che un padre sia una donna o che una donna  sia un padre.
Un altro famoso caso è quello di Thomas Pity, che è stato il primo uomo incinto, vale a dire una donna diventata uomo che ha tenuto l’utero. Stava con una donna che aveva problemi all’utero; allora lui ha portato in grembo i figli della sua donna e, pur essendo uomo, ha voluto essere riconosciuto come madre.
Quindi ci sono donne che sono padri e uomini che sono madri. Ciò significa che con le tecnologie si produce un mondo inventato che lascia perplessi. Nessuno sa che cos’è. È per questo che i Comitati Etici sono gli osservatori contemporanei della perplessità ma sono anche gli osservatori contemporanei dell’angoscia. Come dice Lacan: “L’angoscia è il segno del reale”.[2] Un comitato etico è l’osservatorio contemporaneo sull’emergere del reale.
Prendo una citazione di Lucio Fontana, artista di origine argentina, ma milanese, che era molto preoccupato dalla scienza e che ha detto: “Con le sue invenzioni l’uomo ha spinto l’umanità verso l’impossibile”.[3]
In effetti siamo di fronte a un mondo inventato, fabbricato, che non sappiamo cosa sia, e questo è caratteristico del mondo contemporaneo. Abbiamo ogni sorta di gadget, gadget del vivente, che implicano un punto d’arresto, un crash point, di estrema difficoltà.
Che cosa succede quando siamo di fronte a questo punto di arresto? Esso svela il reale, crea un punto di panico che può essere otturato con un fantasma o con piccole costruzioni immaginarie, con piccoli deliri. È questa la dialettica attorno al dibattito sulla procreazione assistita. Si incontra un crash point, un punto di arresto, un punto di impossibile e poi vi si butta dentro ogni sorta di scenari immaginari e simbolici. Gli etici, le commissioni parlamentari, le commissioni religiose, tutti mettono le loro convinzioni su un punto di reale. È molto importante rendersene conto. Bisogna conservare il punto di reale e non le costruzioni immaginarie e simboliche. Questa è una posizione etica e clinica, del caso per caso, sempre singolare, ogni volta in una storia diversa, sempre sorprendente.
Ad esempio ho incontrato una famiglia che ha avuto delle preoccupazioni con un bambino nato da procreazione assistita, che aveva avuto un incidente. Dopo questo rischio i genitori hanno compiuto un acting out: hanno ripreso i loro zigoti sovrannumerari, sono partiti per la California e li hanno impiantati in sei donne. Tutte sono rimaste incinte e all’improvviso il padre e la madre si sono chiesti: “Che cosa diremo a nostro figlio? Se all’improvviso avremo sei gemelli, mentre la madre non è incinta, che cosa diremo ai nostri genitori?”. Sono partiti per la California, papà, mamma e bambino e sono tornati con sei fratelli e sorelle, sei bambini, sei gemelli, tutti nati dal vero spermatozoo e dal vero ovulo della coppia.
Quando questi genitori me l’hanno detto, avevo la testa vuota. Tuttavia ho scritto un libro sulla procreazione medicalmente assistita La fabrication des enfants.[4] Ho fatto un’intervento molto sottile… Ho detto: “Tornate domani”. L’indomani sono tornati, non avevo alcuna idea. Ma i genitori hanno cominciato a parlare al bambino, hanno provato a dirgli qualcosa e lui ha detto: “Ma certo! È così che si fanno i bambini”, ed è andato a prendere il volume numero 1 di Barbapapà, nel quale la coppia pianta dei semi, che daranno dei bambini. Poi i genitori, con umorismo, hanno detto che in fondo il problema principale era spiegare come avevano potuto avere un solo bambino prima! Questo mostra la creatività dei soggetti per immaginare delle soluzioni.
Terminerò presentandovi una situazione particolare, che è l’autoconservazione degli ovociti. L’autoconservazione degli ovociti è praticata in Svizzera, ma penso anche in Italia, per il trattamento oncologico, per proteggere la fertilità. Da quando questa tecnica ha fatto molti progressi, viene chiamata in causa per la donazione di ovuli. In Francia la donazione di ovuli, che comporta grandi rischi, è molto complicata. Bisogna fare tre cicli di stimolazione ormonale, che danno delle ovaie molto belle. Poi bisogna fare un prelievo di ovociti sotto anestesia, dunque con tutte le eventuali complicazioni della stimolazione ormonale. Quale donna accetterà di fare questo? Bisogna pagarle? È una mercificazione del corpo, totalmente disapprovata. Allora come si può fare? L’idea che si è avuta è di dire che si possono autoconservare gli ovuli per se stessi, cioè conservare per sé una parte degli ovuli che si donano. Questo significa che si introduce una disgiunzione temporale, si sottrae una parte del proprio corpo, l’ovocita, agli effetti del tempo: una gioventù conservata sul piano genealogico.
È una specie di contratto faustiano con i propri ovuli: si introduce una disgiunzione tra il momento del prelievo e quello del concepimento. Ed è anche una disgiunzione nell’età, tra un ovocita sempre giovane impiantato in un organismo che è invecchiato; si favoriscono gravidanze tardive. In fondo si introduce anche una disgiunzione nel rapporto con se stessi, si delocalizza una parte di sé fuori da sé e fuori dal tempo, con una possibilità nuova di fare un dono a se stessi, un dono temporale, o un dono a un’altra donna.
Discutendo di questo si è cominciato a dire che delle aziende avrebbero chiesto alle donne di ritardare la gravidanza per la carriera – medica, bancaria, finanziaria. Le persone che dicevano questo, le ho ritenute biocatastrofiste. Due settimane dopo, Google e Facebook hanno introdotto proprio questo nelle loro pratiche delle risorse umane: pagano la conservazione degli ovuli a condizione che la donna non entri in gravidanza per un certo tempo. È veramente una nuova forma di schiavismo. Prima si possedeva il corpo dello schiavo, qui si possiede la genealogia dello schiavo. Poi c’è la questione a chi appartiene l’ovulo: appartiene alla donna o alla coppia? Se la donna muore lo si distrugge o lo si conserva? E se l’uomo diventa omosessuale o transessuale – c’è attualmente un processo su questo in Francia – e poi vuole utilizzare l’ovulo con il suo partner, può prendere l’ovulo della partner precedente? Ho capito che secondo il diritto francese siamo dei sacchi che contengono delle cose. Gli ovuli e gli spermatozoi sono delle cose. Se facciamo uscire lo spermatozoo, non è più nostra proprietà, allo stesso modo se si fa uscire un ovulo, anche se si parla di banca dello sperma e di banca degli ovuli. Si può passare dall’autoconservazione al dono, introducendo la questione che stiamo affrontando questa sera sulle madri incerte.
Per concludere, quali sono le conseguenze del dono di ovocita? Che cosa si dona quando si dona un gamete, uno spermatozoo, un ovulo, uno zigote, un utero? Quando si fa una gestazione per qualcun altro, che cosa si dona? Sono le nuove leggi dello scambio. Qual è il contro-dono di questi doni? Come quella simpatica coppia omosessuale che ha ricevuto un ovulo e uno dei due ha donato uno spermatozoo, e per restare in un’atmosfera simpatica hanno deciso di impiantare lo zigote nell’utero della madre. Lui è diventato il fratello di suo figlio. Vuol dire che questi doni sono molto complessi.
Quale divenire? È la questione che si pone e penso che il messaggio che vorrei dare alla fine di questa esposizione, è di considerare il bambino attraverso altri parametri rispetto a quelli che hanno presieduto alla sua procreazione. Se leggete il testo appassionante di Lacan, antico, sulla critica di Lagache da parte di Lacan,[5] lì Lacan critica la nozione di Lagache del soggetto come polo di attributi. Il soggetto non è che assoggettato, cioè il soggetto emerge attraverso la discontinuità, attraverso un’elisione di significante e una sottrazione di godimento. Credo che sia molto importante delocalizzare il bambino rispetto alle sue condizioni d’origine. È nostra responsabilità come clinici: lasciare al bambino le sue possibilità d’invenzione, di risposta, non fare dell’origine un destino. Scommettere piuttosto sul reale, sull’impossibilità a pensare l’origine, per aprire uno spazio d’imprevedibilità, quali che siano le condizioni della procreazione.

Trad      Traduzione di Monica Buemi, Silvia Morrone, Carla Olivetti








[1] J. Lacan, Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi (1953), in Scritti, Einaudi, Torino 1974, vol. 1, p. 315.
[2] J. Lacan, Il Seminario, Libro X, L’angoscia (1962-1963), Einaudi, Torino 2007.
[3] L. Fontana, Manifesto bianco (1946), Buenos Aires
[4] F. Ansermet, La fabrication des enfants. Un vertige technologique, Éditions Odile Jacob, Paris 2015.
[5] J. Lacan, Nota sulla relazione di Daniel Lagache: Psicoanalisi e struttura della personalità (1960), in Scritti, Einaudi, Torino 1974, vol. 2.

mercoledì 18 marzo 2015