mercoledì 10 febbraio 2010

Perchè la psicoanalisi oggi?

Conferenza tenuta da Mercedes de Francisco (membro ELP, AMP) in preparazione del Convegno Nazionale SLP.

Formulerò la domanda in un altro modo. Cosa esiste nel nostro mondo grazie alla presenza della psicoanalisi? Certamente conosciamo l’impatto della scoperta freudiana: nella letteratura, nell’arte, nel cinema, nell’economia, etc., che ha segnato il XX secolo. Questo è innegabile. Nonostante ciò, mentre le neuroscienze si occupano di cercare il supporto neuronale dell’etica e degli impulsi umani, procede l’intento di cancellare il fatto transferenziale e clinico. Si tratta di ridurre la dottrina di Freud ad un testo dell’industria culturale e distruggere così la nostra prassi. Ebbene, come ben sappiamo, non c’è psicoanalisi senza psicoanalisti, e non ci sono psicoanalisti senza analizzanti. E, benché sia una sfida essere all’altezza di ciò che ciascun paziente ci porta di nuovo nel trattamento del reale, aspiriamo a ciò.
E per poter procedere intorno a ciò che, grazie alla psicoanalisi, continua ad esistere nel mondo, cercherò di dire qualcosa riguardo a questo oggi nel quale viviamo.
IL MONDO CAPITALISTA
In prima battuta dirò che si tratta di un mondo del disincanto. Gli ideali, le illusioni di cambiamento, di trasformazione, di far nascere un mondo migliore, sono svaniti. E ciò non si constata solamente nell’ambito del sociale, incontriamo anche delle ripercussioni nel campo della soggettività. Noi soggetti, siamo toccati in ciò che costituisce la relazione con il desiderio, soprattutto nel campo del lavoro e dell’amore, due pilastri che per Freud costituivano il sostegno di una vita. Alla consultazione arrivano dei soggetto disincantati, sia rispetto al mondo, che rispetto alle loro vite. E quasi tutti, nonostante vengano a domandarci un qualche cambiamento, in realtà sono convinti che nulla può cambiare. Potremmo quasi dire che più che una domanda nello stile degli anni ’70, in cui si dava per scontata l’esistenza dell’inconscio, ora si tratta piuttosto di una chiamata d’aiuto, che il soggetto stesso non sa di fare. Crediamo di avere tutto alla nostra portata, sembrerebbe che tutto è possibile, e d’altra parte cresce il sentimento di impotenza e di incapacità in ognuno di noi. Com’è possibile che essendo tutto così facile e essendo tutto a portata di mano si possa essere infelici, si possa soffrire! Si pubblicizza allo stesso modo una magnifica automobile che potresti possedere, così come la clinica medica che renderà felice una coppia poiché l’eiaculazione precoce è guaribile. Il messaggio è molto chiaro, se hai un qualche sintomo, se ti senti infelice è perché non hai beneficiato di ciò che questa società del benessere ti sta offrendo. Non sei il buon consumatore che dovresti essere, e quanto più ti trasformi in tale consumatore, tanto più è lontano l’incontro con quelle buone ragioni grazie alle quali la vita merita di essere vissuta.
Il capitalismo annulla la propria impossibilità e mancanza che genera l’essere parlante. E il nuovo soggetto che questo discorso pretende di illuminare non è preceduto da alcun retaggio storico, né da alcuna eredità simbolica. Nichilismo che già Hanna Arendt considerava come il perno e il punto in comune di qualsiasi sistema totalitario. Il marchio del traumatismo che ci rende singolari, lo si vuole staccare dal suo intimo legame con l’impossibilità di scrivere la relazione sessuale e con la contingenza del godimento.
Un buon esempio di ciò lo incontriamo nel romanzo Lignes de faille di Nancy Huston, in cui la voce di chi racconta è quella di un bambino o di una bambina di sei anni. Si tratta di una saga familiare che comincia con il bambino di questa epoca, dopo di lui il padre, anch’egli all’età di sei anni, successivamente la nonna del bambino e madre del padre; e alla fine è la voce della bisnonna, quando aveva sei anni, al termine della II Guerra Mondiale. Nei quattro casi si constata il diverso trattamento del marchio nel corpo e del trauma. Nel bambino di “oggi”, il trattamento del marchio attraverso la tecnica medica che si somma alla tecnica psicologica applicata dalla madre produce come risultato “qualcosa di mostruoso”, in cui il padre ha pochissimo spazio per dire o fare qualcosa. E dove incontriamo la difficoltà per il soggetto di annodare i tre registri: immaginario, simbolico e reale.
Questa volontà senza limite della tecnica, che emerge con la Shoa, pretende che l’elemento più intimo e nucleare della vita umana venga consegnato. Da questo salto verso il senza limite, l’umanità potrà “riprendersi”?
L’AMORE
L’amore è stato il trattamento che noi esseri umani abbiamo dato all’impossibilità della relazione sessuale. Lacan mostra le diverse concezioni dell’amore nell’arco della storia sino ad arrivare alla sua invenzione: l’impossibilità della relazione sessuale e il “nuovo amore” che sarebbe il suo effetto più diretto. Un amore più degno poichè non avrebbe la pretesa di cancellare l’impossibilità che lo causa. Occorre allora domandarsi, con questo boom del capitalismo più sfrenato che elimina con uno schiaffo l’impossibile, è possibile questo nuovo amore?
Questo nuovo amore che mantiene un legame diretto con l’impossibile forse è l’amore che più conviene ad un’epoca come la nostra. Un amore che ha come base operativa l’elemento incurabile che è propriamente la nostra invenzione e che nessun totalitarismo potrà toglierci. Ciò che Lacan chiamò il sinthomo. Il marchio dell’esilio della relazione sessuale che ogni soggetto porta e a partire dal quale sarà possibile incontrarsi con l’altro.
Un marchio che è ciò che ci differenzia e, in alcuni casi, ci rende uguali. Il quale, in questo mondo della valutazione, dell’adattamento, dell’inserimento, dell’omogeneizzazione, rischia di venire “annientato”.
IL SAPERE
I soggetti si ritrovano degradati nella loro relazione con il sapere, con il loro lavoro, con l’amore. Si tratta, come nel caso del ratto di laboratorio, di essere “adattabili … apprendere a collegarsi, a muoversi con rapidità nel labirinto” o piuttosto oggi si tratta del “deserto”, un deserto costellato di oggetti. Per ciò, in questo mondo caratterizzato dalle reti, dalla delocalizzazione, dalla velocità, etc, in cui si tratta di “saper stare al mondo”, si è posta in primo piano l’idea di apprendimento e adattamento in detrimento del sapere e del vuoto che esso comporta. Come sviluppava Sennett in The Corrosion of Character, oggi non incontriamo i panettieri greci che sapevano preparare il pane, ma piuttosto coloro i quali sanno premere il bottone della macchina che fa il pane.
Ma attraverso tale effetto del capitalismo si produce un malessere sempre più crescente, del quale inoltre sanno come trarne profitto; in Spagna, quasi il 70% della popolazione assume farmaci psichiatrici, antidepressivi, ansiolitici, etc. L’offerta farmaceutica si accompagna all’offerta delle TCC, terapie cognitivo-comportamentali, che si sostengono a partire da presupposti che già sono caduchi, come sono la sicurezza, il durevole, l’unificante. Non c’è un luogo protetto e confortevole che ci ripara, siamo sottoposti alle intemperie più che mai. Persino gli esecutivi medi delle multinazionali o i professionisti possono cadere in uno stato di disinserimento da un momento all’altro, e inoltre essere condotti al suicidio. Non c’è un rifugio possibile. Camminiamo come le formiche di Escher lungo il nastro, siamo su di un lato e nel momento successivo zach!, senza svoltare, ci troviamo sull’altro. Nel mondo in cui tutto è più insicuro e precario, l’obiettivo è aumentare l’autostima, che il soggetto rinforzi il suo senso di sicurezza!
Così, tutta questa politica fallisce quando si tratta di sollevare le sofferenze soggettive che derivano da questo funzionamento sociale.
Sradicamento derivato dall’emigrazione, delusione e depressione provocata dalla mancanza di lavoro, pensionamenti anticipati (soggetti che hanno lavorato per un’intera vita nello stesso ufficio), si sta arrivando a parlare dei 48 anni. Giovani che quando si chiede loro cosa vogliono fare in futuro rispondono senza dubitare che “loro” non hanno futuro, denigrazione degli alunni da parte dei professori, violenza e mancanza di rispetto degli alunni verso i loro insegnanti …
IL SOCIALE
Ciò che alcuni sociologi rinomati hanno diagnosticato di questa epoca e della società che ha generato, Lacan aveva cominciato a porlo sotto i riflettori nel Rovescio della psicoanalisi . Di fronte all’uno illusorio del sociale, Lacan propone il legame sociale, in cui si tratta dell’articolazione di luoghi e di domandarsi in ciascun caso qual è il luogo dominante.
In questo uno sociale illusorio c’è una spinta ad un soddisfacimento regolato dal totalitarismo del mercato. Una persona deve trovare soddisfacente la stessa cosa che soddisfa il suo vicino, non può permettersi il lusso che il suo soddisfacimento sia in relazione a ciò che gli è più singolare e sinthomatico. Perciò il trattamento del malessere, che il sistema stesso genera, deve basarsi sugli stessi presupposti - nella scuola, nell’università, nelle terapie, lo stesso per tutti. Per un verso tutti consumatori e per altro verso tutti degradati ad oggetti di mercato. Non è un caso che la chirurgia estetica abbia raggiunto un tale livello di consumo che ha come risultato dei volti omogenei, in cui si sono persi i tratti che li rendevano singolari.
Il problema nell’ambito dell’amore non è tanto che l’amore finisca, ciò è accaduto in tutte le epoche. Il problema è che queste unioni hanno risposto piuttosto a ciò che Lacan arrivò a chiamare “sporco miscuglio” fantasmatico che non deve essere confuso con un amore che si sostiene sui marchi dell’esilio della relazione sessuale. Questi marchi ineguagliabili, irripetibili, che ci rendono unici. Bauman, che caratterizza assai bene il nostro oggi, ciononostante, sembra rimpiangere un passato che fu sempre migliore, abbiamo perso il “solido”, ci muoviamo nel “liquido” e dunque?, quale via d’uscita? Quella del ratto nella ruota che non smette di muoversi rimanendo sempre nello stesso posto. Un’attività sfrenata in cui nulla cambia.
In questo mondo liquido del quale egli ci parla, noi abbiamo il sinthomo, che è ciò da cui possiamo trarre la nostra forza, ciò che ci può orientare, ciò che ci lascia fuori dalla massa, ciò con cui possiamo incontrarci con gli altri, ciò di cui possiamo sapere qualcosa.
Con questo breve percorso attraverso “l’oggi”, possiamo intravedere ciò che la psicoanalisi vuole continuare a fare esistere: l’allegria per l’amore del sapere inconscio che permette di preservare la cornice del non-sapere. La responsabilità soggettiva che ci allontana dalla colpa alienante e dall’impunità delle buone intenzioni. Il transfert la cui matrice è come quella di un qualsiasi vero amore, “suppongo all’altro un sapere relativo a ciò che è di più intimo del mio essere e perciò lo amo”. L’esperienza analitica, la cui bussola sarà il non c’è modo di scrivere la relazione sessuale, ogni volta ci condurrà all’osso del sinthomo per orientarci nel mondo. Un esempio di ciò lo abbiamo avuto nelle ultime giornate dell’Ècole de la Cause Freudienne quando abbiamo ascoltato Alain Prost, che rendeva conto del sinthomo attorno al quale costruì la sua vita. La psicoanalisi permetterà che il non cessa di scriversi, il necessario del sinthomo, non ci permetta di dimenticare la contingenza e l’impossibile.
La psicoanalisi non ha un’esistenza assicurata. L’essere necessario del sintomo e il possibile non cancella il fatto che la psicoanalisi nasca nella contingenza come creazione di fronte all’impossibile, e pertanto può scomparire.
Per quanto ho affermato finora, posso assicurarvi che questo mondo è migliore se la psicoanalisi e noi psicoanalisti continuiamo ad abitarlo.
(Traduzione di Stefano Avedano)

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