lunedì 23 luglio 2012

Cos’è che fa legame?
Paola Antoniotti*

Il testo di Freud “Il disagio della civiltà” nasce come una risposta ad una lettera inviatagli da Romain Rolland, uno scrittore francese, premio nobel per la letteratura nel 1916, con il quale Freud aveva un carteggio, e che definiva l’esperienza mistica come sentimento oceanico o sensazione oceanica. Secondo Rolland, il sentimento oceanico è la fonte della vera religiosità. Dal canto suo, Freud scrive: “Potrei dire che per me ciò ha piuttosto il carattere di un’intuizione intellettuale, non certo priva di una risonanza emotiva, che comunque si accompagna anche ad altri atti di pensiero di portata analoga. Per quanto riguarda la mia persona non riesco proprio a convincermi della natura primaria di un tale sentimento”.[1]
Freud nega dunque l’esistenza di questo sentimento sostenendo piuttosto che esiste nell’essere umano una netta divisione tra Io e mondo esterno. Forse solo la condizione infantile pre-edipica si può paragonare a questo sentimento oceanico. Si tratta in qualche modo sempre del desiderio di ritrovare quel paradiso perduto da cui si è stati estromessi e in cui il bambino si è sentito onnipotente e immortale. Non è da subito che esiste questa distinzione tra Io e mondo esterno ma viene a crearsi a causa del dominio del “principio di piacere”.
Il "principio di piacere” stabilisce lo scopo della vita umana, domina il funzionamento dell’apparato psichico, ma è destinato a fallire. La sofferenza infatti ci minaccia da più parti: il nostro corpo, il mondo esterno, le relazioni con gli uomini. Quest’ultimo punto è anche quello che produce la maggiore sofferenza, in fondo l’essere umano è incapace di sopportare il peso delle frustrazioni imposte dalla vita civile.
La definizione che Freud dà della parola civiltà è la seguente: “La parola civiltà designa la somma delle realizzazioni e degli ordinamenti che differenziano la nostra vita da quella dei nostri progenitori animali e che servono a due scopi: a proteggere l’umanità dalla natura, a regolare le relazioni degli uomini tra loro”.[2]
Per quanto riguarda il primo punto Freud evidenzia come le invenzioni e le scoperte scientifiche (navi, aerei, telescopio, telefono, macchina fotografica, ecc.) hanno permesso all’uomo di appagare tutti o quasi tutti i desideri delle fiabe, tanto da rendere l’uomo sempre più simile a Dio.
Immagina inoltre che nelle età future verranno fatti enormi passi avanti in questo processo di civilizzazione. “Pure […] l’uomo nella sua somiglianza con Dio, non si sente felice”.[3]
Quindi, la scienza e la tecnica, che migliorano la qualità della vita dell’uomo, che gli consentono di padroneggiare in qualche modo la natura, producono certamente un qualche tornaconto nell’economia della felicità, che Freud però definisce “un godimento a buon mercato”.
Relativamente all’efficacia della civiltà nel regolare le relazioni sociali tra gli uomini, che siano intese come relazioni con il prossimo, con l’oggetto sessuale o tra i membri di una stessa famiglia o di uno stesso stato, Freud dice: “ La vita umana associata è resa possibile ad un solo patto: che più individui si riuniscano e che questa maggioranza sia più forte di ogni singolo e tale da restare unita contro ogni singolo. Il potere di questa comunità si oppone allora come “diritto” al potere del singolo, che viene condannato come “forza bruta”. [4]
E’ necessaria quindi la rinuncia al soddisfacimento pulsionale individuale compensata dal non
essere più in balia della forza bruta del simile affinché ci si incammini in un processo di civilizzazione. Freud ammette però che la maggior parte degli sforzi dell’umanità si infrangono nel tentativo di un accomodamento tra le pretese individuali e quelle della civiltà. Si tratta di un processo simile a quello che avviene nell’evoluzione libidica del singolo. Esiste un conflitto tra il principio di piacere che è ciò che domina la vita pulsionale dell’individuo, infatti Freud dice che la rinuncia pulsionale non è esente da pericoli, e quelli che considera i motori della civiltà, Eros e Ananke, cioè l’amore e la necessità. L’amore è ciò che lega nel modo più intenso gli individui, più del lavoro o di altre forme di legame, l’amore è in grado di produrre nuovi legami anche con persone estranee al gruppo o alla comunità. Ma anche se l’amore è uno dei motori della civiltà il nesso tra i due cessa di essere univoco: “Da un lato l’amore si oppone agli interessi della civiltà, dall’altro la civiltà minaccia l’amore con grandi restrizioni”. [5]
Il conflitto sembra quindi essere inesauribile, nonostante i molteplici modi di fare legame: l’amore, il lavoro, la famiglia, ecc. c’è sempre in fondo un conflitto che è strutturale. Si tratta di modalità di fare legame che suppliscono ad una mancanza fondamentale che è stata formalizzata da Lacan come “assenza di rapporto sessuale”.

* Partecipante alle attività della SLP

[1] S. Freud, Il Disagio della Civiltà (1929), in “Opere”, vol.10, p. 558.
[2] Ibid, p. 580.
[3] Ibid, p. 582.
[4] Ibid, p. 585.
[5] Ibid, p. 592.

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