lunedì 23 luglio 2012


Eredità e mutamenti
Cinzia Sobrero*

Colpisce il modo in cui questo testo, fortemente legato e connesso al tempo in cui è stato scritto, non solo rappresenti, già dai primi capitoli, un’analisi precisa dell’origine della civiltà, degli influssi che l’hanno promossa e dei bisogni a cui ha risposto, ma che sia anche fortemente proiettato in un dopo che riguarda il nostro tempo in modo diretto.
Freud considera la civiltà europea occidentale del suo tempo come giunta al suo apice, riconoscendo forse l’inizio di un cambiamento radicale, sia nei modi del legame all’interno della
civiltà stessa, sia nella condizione soggettiva e particolare dell’essere umano.
Nel corso del secondo capitolo, egli mette bene in rilievo i tre rimedi principali, sorta di palliativi, che l’uomo avrebbe trovato per avere a che fare con l’infelicità, con il fatto che il principio di piacere ha un programma preciso, ma che è in costante conflitto non solo con il mondo esterno, ma anche con aspetti del mondo interno appartenenti al soggetto stesso.
Egli riconosce:
- Diversivi potenti, annoverando tra essi l’attività scientifica.
- Soddisfacimenti sostitutivi come l’arte e la bellezza.
- Sostanze inebrianti, e le conseguenti intossicazioni che puntano a rendere insensibili al dolore.
- L’amore, quindi, il far legame.
- La fuga nella malattia nevrotica, con i suoi sintomi.
In modo differente, ognuno di essi svolge una funzione per il soggetto. Alcuni, nel versante di una sublimazione delle pulsioni, ottenendo piacere dal lavoro psichico ed intellettuale; altri,
in quanto difesa dalla misera condizione umana.
Penso possa essere interessante, rispetto in particolare ad alcuni di questi rimedi, interrogarsi su quali siano le condizioni che permettono, all’interno di una civiltà, di rappresentare una risorsa soggettiva, per l’appunto un rimedio, piuttosto che rimandare invece ad un isolamento, ad un godimento autistico, tanto comune nella civiltà contemporanea.
Per quanto riguarda per esempio il ricorrere all’utilizzo di sostanze psicotrope, mi sembra che Freud indichi già qualcosa di prezioso, scrivendo che “gli effetti prodotti dagli inebrianti nella lotta per conquistare la felicità e per difendersi dalla miseria vengono considerati talmente benefici che gli individui e i popoli hanno loro riservato un posto preciso nella loro economia libidica”. Designando questo “posto preciso” già si delinea qualcosa di un discorso sociale, con i
suoi limiti e le sue regole, che può fungere da riferimento per il soggetto.
Allo stesso modo, mi sembra importante il riferimento che Freud fa al progresso tecnico, evoluzione dell’attività scientifica: già in quel tempo egli sostiene come esso sia privo di valore per l’economia della felicità dell’uomo, riconducendolo a quello che chiama “modello del godimento a buon mercato”.
Per finire, un altro punto che vorrei sottolineare e che ho trovato molto interessante è quello della conservazione del passato: Freud ci porta come esempio la città eterna, Roma, per pronunciarsi in seguito sul funzionamento della vita psichica, nella quale, dice, “il passato può essere conservato e non necessariamente va distrutto”, rendendo la conservazione una regola piuttosto che una sorprendente eccezione.
La funzione che riveste la memoria, la storicizzazione e anche qualcosa di un’eredità, che viene trasmessa di generazione in generazione mi sembra cruciale per definire ed analizzare una qualsiasi forma di civiltà: mi chiedo che forme possa avere assunto tale funzione nel nostro tempo; cosa permette al soggetto contemporaneo di avere ancora una storia da raccontare e all’interno della quale reperirsi?

* Partecipante alle attività della SLP

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