lunedì 23 luglio 2012

L'io non è padrone in casa propria
Stefano Avedano*
Ciò che Freud pone come introduzione a “Il disagio della civiltà” è una precisazione teorica su come la psicoanalisi intenda la nozione di Io, a partire dalla suggestione che egli riceve dal poeta Romain Rolland sul sentimento oceanico. Scrive Freud: “Si tratta di un sentimento di indissolubile legame, di stretta appartenenza al mondo esterno nel suo insieme”.[1]
L’illusione sulla quale l’individuo fonda la sua identità è quella che si fonda sull’essere in quanto unitario, autonomo e contrapposto a ciò che intendiamo comunemente come realtà esterna. Freud in realtà sostiene come l’Io conti al suo interno un “nucleo” che gli è estraneo; nucleo che si riverbera sulla realtà esterna dandole una forma squisitamente singolare e a misura di
quell’individuo.

INTERNO – ES – SIMBOLICO (S) // ESTERNO – OGGETTO – REALE (a)

La psicopatologia della “vita quotidiana” ci offrirebbe molti esempi di come non si possa sostenere la netta demarcazione fra realtà interna e realtà esterna “[…] ci sono casi in cui parti del proprio corpo, perfino porzioni della propria vita psichica, percezioni, pensieri, sentimenti, appaiono come estranei e non appartenenti all’Io”;[2]
per riprendere una nota formulazione di Lacan, ciò che è stato precluso, ossia non simbolizzato, ritorna nel reale, “ci sono altri casi in cui al mondo esterno viene attribuito ciò che manifestamente ha avuto origine nell’Io e che da esso dovrebbe essere riconosciuto”,[3]
il sintomo e il fantasma nevrotico in questo caso.
Lacan, durante il corso del suo insegnamento, prenderà a prestito dalla topologia
alcune figure che possono fornire una rappresentazione utile a cogliere il rapporto fra interno ed esterno, fra la cosiddetta realtà interna e la realtà esterna: il soggetto che si ri-trova nel procedere lungo un percorso prestabilito, si sorprende improvvisamente in un “luogo” diverso da quello in cui pensava di essere, poiché fa esperienza di una continuità topologica fra interno ed esterno.
L’oggetto prenderà posto, a seguito dell’ingresso nell’universo simbolico, come “esterno”
al soggetto, come qualcosa che immaginariamente è collocato “fuori di sé”.
È attraverso l’instaurazione del principio di piacere che, oltre a permettere al
soggetto di distinguere tra piacere e dispiacere, si riproduce una demarcazione fra un dentro e un fuori.
L’inconscio storico, il rimosso, è ciò che si può ri-costruire attraverso un lavoro attivo di elaborazione, a partire da quel taglio simbolico che consente di modificare per un istante il
proprio punto di vista.

* Partecipante alle attività della SLP
[2] Ibid, p. 559.
[3] Ibid.

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